Trieste - il Municipio in Piazza Unità d'Italia

Nel 1875 l'architetto triestino Giuseppe Bruni vinse la gara per la progettazione del nuovo palazzo. Il nuovo edificio era formato da un corpo unico monumentale sovrastato, nella parte centrale, da una torre. Bruni mise tutta la sua bravura per richiamare in quest'opera diverse forme architettoniche, conciliando monumentalità e imponenza, senza in qualche modo turbare l'armonia con gli altri edifici già costruiti. Il palazzo del municipio è sovrastato dalla torre campanaria sulla quale sono installati due mori, chiamati amichevolmente dai triestini Micheze e Jacheze, anche questi progettati da Bruni, che dal 1876 scandiscono il trascorrere del tempo ogni quarto d'ora, nonché la campana civica con l'alabarda cittadina. Il palazzo non piacque subito ai triestini, che iniziarono ad etichettarlo con nomi buffi e originali. Il più famoso, e ancora oggi comunemente usato, è palazzo Cheba, ovvero palazzo Gabbia, per la forma che ricorda una enorme gabbia per gli uccelli, ma anche palazzo Sipario, poiché con la sua mole imponente riusciva a nascondere i ruderi e le brutture delle case della Cittavecchia che si trovavano alle sue spalle.(da: Wikipedia)

Sotto:
Sulla torre campanaria ci sono le statue dei due mori Micheze e Jacheze che scandiscono il tempo ogni quarto d'ora, nonché la campana civica con l'alabarda cittadina. I due mori originali sono ora esposti nel Castello di San Giusto, mentre sul municipio ci sono due copie. La facciata é caratterizzata da influenze dell'architettura parigina e del manierismo germanico. Micheze e Jacheze furono installati tra il 5 ed il 7 di gennaio il 1876 e batterono i primi dodici rintocchi a mezzogiorno del 14 gennaio). Furono progettati dal Bruni nel 1873 e poi modellati in zinco dallo scultore Fausto Asteo da Ceneda nel 1875

Le prime notizie delle due statue risalgono al 1517. Piazza Unità d'Italia a quei tempi si chiamava Piazza San Pietro, ma comunemente veniva chiamata Piazza Grande perché ai triestini, si sa, le cose semplici non piacciono. La Torre dell'Orologio o Torre del Mandracchio o Torre del PortoLa piazza non era ancora stata interrata ed occupava un terzo circa delle dimensioni attuali, era circondata da edifici che la isolavano anche dal mare. Le facciate delle costruzioni guardavano infatti all'interno dello slargo. Fra di esse, nel gruppo di quelle che davano le spalle al mare, c'era anche la Torre dell'Orologio, chiamata anche Torre del Porto, oppure ancora Torre del Mandracchio, sempre perché ai triestini le cose semplici non piacciono, che in pratica era la porta della piazza che dava sull'antico porto della città, detto appunto Mandracchio (piccola darsena), stretta fra le prigioni e la Locanda Grande. Nel 1474 la Torre del Mandracchio venne modificata per la prima volta e nel 1517 l'antica porta venne abbellita con un orologio e con due personaggi in bronzo che scandivano le ore e che il popolo allora battezzò Mikez e Jakez ovvero Michele e Giacomo. Poiché erano di bronzo, le due statue si ossidarono in fretta ed assunsero una colorazione brunita o rossiccia, tanto che i triestini presero a chiamarli i mori di Piazza. Qualcuno però dice che il motivo del cambio di colorazione abbia avuto altre cause.

Si racconta che un tal Jure, che era solito ciondolare in Piazza nelle prime ore del mattino, giurava e spergiurava di averli visti incazzati neri che discutevano tra loro e borbottavano: "Ma vara ti se in una cità con un mar cusì bel, i ne doveva meter giradi de spale!" Nel 1700 i Mori vennero smontati ed al loro posto fu costruita una trifora con tre campane, mantenendo però intatto il movimento degli automi. Si ignora che fine fecero Mikez e Jakez, forse finirono in un deposito, forse finirono in mare, forse ancora furono fusi per ottenerne le stesse campane o altro. Nel 1838 fu deciso l'abbattimento della Torre dell'Orologio, ma un'anima nostalgica volle recuperarne, chissà perché, il meccanismo. L'incarico fu affidato all'orologiaio Antonio Sebastianutti che provvide a smontare il congegno dalla torre ed a rimontarlo sull'edificio della Loggia, che si trovava dal lato opposto della piazza, pressappoco nel luogo dove oggi sorge il Palazzo Municipale. Molti triestini scuotevano la testa in un chiaro segno di approvazione.

Nel 1875 l'architetto triestino Giuseppe Bruni vinse la gara per la progettazione di un nuovo palazzo che avrebbe dovuto chiudere la piazza dal lato della città vecchia. Il nuovo edificio, il palazzo del Municipio, doveva essere formato da un unico corpo monumentale sovrastato, nella parte centrale, da un torrione con orologio. Qualcuno però si ricordò delle due statue che quasi 3 secoli prima adornavano la Torre dell'Orologio (alias Torre del Porto, alias Torre del Mandracchio, sempre perché ai triestini le cose semplici non piacciono) e convinse il Bruni di come sarebbe stato bello e nostalgico riavere i due cosiddetti Mori. Il problema era che nessun triestino, per quanto longevo, aveva mai visto dal vivo le due statue: si sapeva solo che erano due Mori e che erano soprannominati Mikez e Jakez. Un po' poco anche per il Bruni. Notti e notti a studiare soluzioni, a creare e distruggere stampi. Alla fine decise che due paggi tirolesi sarebbero andati benissimo e avrebbero sicuramente fatto felice la casa asburgica.
I due paggi furono modellati in zinco nel 1875 dallo scultore Fausto Asteo da Ceneda dell'Accademia di Belle Arti di Venezia. Per il trasporto da Venezia a Trieste venne incaricata la neonata casa di spedizioni Gondrand che utilizzò il suo carro ultimo modello trainato da una coppia di cavalli da tiro chiamati Bepìn e Giuanìn. Il carro della Gondrand Il viaggio durò settimane, ma alla fine i due cavalli arrivarono stremati con il loro carico nella piazza che, dal 1918, dopo un breve periodo nel quale era stata denominata Piazza Francesco Giuseppe, aveva assunto il nome di Piazza Unità in onore dell'avvenuta annessione di Trieste all'Italia, ma che comunemente veniva chiamata ancora Piazza San Pietro o Piazza Grande perché ai triestini, si sa, ecc., ecc. I due paggi furono installati tra il 5 ed il 7 di gennaio del 1876 e batterono i primi dodici rintocchi a mezzogiorno del 14 gennaio davanti ad una folla festante che scuoteva la testa in segno di approvazione.

Le due statue furono battezzate dai Triestini con un guizzo di fulgida fantasia, Mikez e Jakez. Ma Fausto Asteo da Ceneda che era un entusiasta (ed un rompipalle di prima categoria), pensò che se due statue andavano bene, quattro sarebbero andate ancora meglio e quindi, con del bronzo che gli era avanzato nella fucina, modellò due tedofore per abbellire la neonata piazza triestina. A Bepìn e Giuanìn, che non si erano ancora ripresi dal viaggio, quando giunsero alle orecchie le voci che ci sarebbero state da portare anche altre due statue, si rizzarono le criniere dallo sgomento e sulla strada verso Venezia, dopo aver nitrito tre volte sotto la galleria naturale, decisero di comune accordo di incrociare gli zoccoli.

Si rifugiarono in un Frasco a bere clinto e passarono i loro giorni seduti in un patio a mangiare tartine di carrube e a parlare di puledre, fieno e grassi pascoli. La Gondrand non si perse d'animo e al posto dei due cavalli rinnegati utilizzò il meglio della loro equinorimessa, Bepòn e Giuanòn (vulgo Deborah per gli amici più intimi), una coppia di enormi cavalli belgi, il primo taciturno e ombroso, dal passo lento e potente, il secondo linguacciuto e garrulo, dall'andatura ondeggiante e sbarazzina. Quando i cavalli giunsero inaspettati in Piazza San Pietro o Piazza Grande che dir si voglia, i triestini rimasero di sasso ed ancor più l'architetto Bruni al quale girarono i cateti ad elica: posto sul nuovo Palazzo de Municipio non ce n'era, creare altre nicchie era impensabile, il palazzo era bello così. Una delle Tedofore: Tinza o Marianza?

Anche i triestini erano perfettamente d'accordo, la bellezza del palazzo non era in discussione, tanto che lo soprannominarono affettuosamente la Cheba (per la struttura a forma di gabbia) o Palazzo Sipario in quanto nascondeva la Cittavecchia e, ancora più entusiasticamente, Budel de Lionfante, Castel de Mandorlato o Crocante. Dove mettere le due statue, allora? Beh, nella piazza, di fianco all'entrata del nuovo amatissimo Palazzo. E come chiamarle?
Inizialmente i triestini pensarono a qualcosa di insolito, tipo Mikeza e Jakeza, ad esempio, ma un forestiero che passava di lì per caso suggerì che forse era meglio un nome più tradizionale come Tinza e Marianza. Dalla piazza si levò un urlo: "NO SE POL!". E Infatti, da quel momento, le due tedofore si chiamarono Tinza e Marianza3. I triestini stabilirono che le due tedofore dovessero essere le mogli dei due paggi che sovrastavano il Palazzo del Municipio e fecero festa per tutto il giorno non accorgendosi delle gocce di zinco che scendevano dagli occhi di Mikez e Jakez. (Da :http://spifferiditrieste.blogspot.it/)

A destra:

Sulla facciata del Municipio, ancora ben visibili a fianco del portone principale, ci sono i danni prodotti dalle cannonate dei cannoni posti sui pontoni armati sparate dalle truppe tedesche in fuga da Trieste il 30 aprile o il 1 maggio del 1945.

A fianco del portone d'entrata del Minicipio c'era il famoso Caffè “Municipio” che negli anni successivi alla prima guerra mondiale fu denominato Caffè “Garibaldi” e diventò un punto di ritrovo di numerosi intellettuali triestini. La compagnia del “Caffè Garibaldi”, infatti, era frequentata per esempio: da Julius Kugy, James Joyce, Italo Svevo, i due poeti Virgilio Giotti e Umberto Saba, Giani Stuparich, il pittore Schiffrer, Silvio Benco, scrittore e giornalista, il matematico e musicista Guido Voghera, Silvio Pittoni, il pittore Timmel, Bolaffio, Pierantonio Quarantotti Gambini, ecc. Fu denominato Caffè “Garibaldi”, per la presenza di un grande ritratto di Garibaldi in camicia rossa esposto su una parete. Il dipinto venne realizzato da Giuseppe Barison per il Caffè Garibaldi, presumibilmente nel 1925. (Fonte Dino Cafagna)

Nella foto a destra: Oggi, all'angolo con Via Malcanton, c'è il Bar Italia.




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